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    Come si misura il movimento turistico? Contare o pesare le presenze?

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    In questo periodo dell’anno, conclusasi la stagione estiva ed assestatisi i dati delle rilevazioni statistiche “ufficiali”, sui media imperversano i numeri e le analisi di raffronto tra anni e tra destinazioni sul movimento turistico nazionale e locale.
    I dati ufficiali (quelli ISTAT) che vengono utilizzati sono in grado di descrivere realmente l’andamento dell’economia turistica di una destinazione in un dato periodo di tempo?
    La risposta purtroppo è no, a dimostrazione ancora una volta di come questa economia, fondamentale per lo sviluppo e la sostenibilità economica del nostro paese, sia trattata in modo marginale e banalizzante!
    Infatti i due principali parametri misurati, gli arrivi (ovvero il numero di persone che hanno soggiornato in una destinazione) e le presenze (che descrivono il numero totale di notti di soggiorno in una destinazione) sono entrambe parametri che “contano” il movimento turistico senza pesarlo in termini di fatturato e valore aggiunto prodotto.
    Essendo il turismo un sistema economico che produce reddito ed occupazione (il doverlo ribadire ogni volta può apparire stucchevole ma è purtroppo necessario perché alla prova dei fatti il turismo è trattato in tutti i modi meno che come un settore economico trainante!) l’indice attendibile che ne misura l’efficienza e l’efficacia nel tempo, compresa efficienza ed efficacia delle politiche turistiche, non può che essere la misurazione del valore aggiunto e del fatturato generato in determinato tempo di osservazione!
    Se in una destinazione si dovesse registrare una riduzione del numero degli arrivi e delle presenze accompagnata da un significativo aumento del fatturato e del valore aggiunto generato non saremmo in presenza di una situazione di flessione o di crisi del turismo, ma al contrario di una inversione di tendenza positiva dovuta a politiche che modificando la composizione della domanda sono riuscite a migliorare le performance del turismo e le condizioni socio-economiche locali (maggiori margini per le imprese, maggiori fatturati per l’indotto, maggiori opportunità di occupazione e di investimenti dovuti al maggior tasso di ricchezza complessiva generata!) riducendo la cosiddetta pressione turistica e conseguentemente i costi locali di gestione dei flussi turistici stessi.
    Per simmetria ragionamento contrario dovremmo fare nel caso in cui i numeri aumentano ma i fatturati diminuiscono: non siamo in presenza di un boom del turismo ma di una situazione di difficoltà e/o di crisi vera e propria!
    Pertanto per una valutazione corretta, che rispetti l’importanza del turismo, non è sufficiente fare analisi solo contando arrivi e presenze, alla conta va sempre affiancato il dato sull’andamento, nello stesso periodo analizzato, del fatturato/valore aggiunto prodotto solo così, infatti, si può seriamente valutare l’effettivo stato di salute del turismo e l’efficacia delle politiche adottate, decidendo, conseguentemente, che cosa è più opportuno fare per favorire/supportare una tendenza positiva o per invertire una tendenza negativa.

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